La storia della sfogliatella napoletana: dove mangiare le più buone?

person Pubblicato da: Silvia Semonella list In: Tattà Magazine Sopra: comment Commento: 0 favorite Colpire: 5594

La tradizione culinaria napoletana ha dato un contributo notevole alla cultura gastronomica italiana: basti pensare alla pizza, alla pastiera o alla sfogliatella, simbolo per eccellenza di Napoli.

La tradizione culinaria napoletana ha dato un contributo notevole alla cultura gastronomica italiana: basti pensare alla pizza, alla pastiera o alla sfogliatella, simbolo per eccellenza di Napoli.

Ma come è nato questo dolce e quali sono le sue origini?

Una poesia dedicatagli recita:

Tra Amalfi e Positano, mmiez’e sciure
nce steva nu convent’e clausura.
Madre Clotilde, suora cuciniera
pregava d’a matina fin’a sera;
ma quanno propio lle veneva‘a voglia
priparava doie strat’e pasta sfoglia.
Uno ‘o metteva ncoppa,e l’ato a sotta,
e po’ lle mbuttunava c’a ricotta,
cu ll’ove, c’a vaniglia e ch’e scurzette.
Eh, tutta chesta robba nce mettette!
Stu dolce era na’ cosa favolosa:
o mettetteno nomme santarosa,
e ‘o vennettene a tutte’e cuntadine
ca zappavan’a terra llà vicine.
A gente ne parlava, e chiane chiane
giungett’e’ recchie d’e napulitane.
Pintauro, ca faceva ‘o cantiniere,
p’ammore sujo fernette pasticciere.
A Toledo  nascette ‘a sfogliatella:
senz’amarena era chiù bona e bella!
‘E sfogliatelle frolle, o chelle ricce
da Attanasio, Pintauro o Caflisce,
addò t’e magne, fanno arrecrià.
So’  sempe na delizia, na bontà!
”.

Ci troviamo, quindi, nel 1600 circa, tra Furore e Conca dei Marini, nella magnifica costiera Amalfitana, nel convento di clausura di Santa Rosa. Qui in un giorno come tanti, una delle monache, Clotilde, decise di ingegnarsi e trovare un modo per riutilizzare degli avanzi di semola bagnata nel latte. Pensò, quindi, di mescolare il tutto con ricotta, frutta candita e liquore al limone, di chiudere il ripieno in una sfoglia a cui diede la forma di un cappuccio (per richiamare quello di un monaco) e di infornare il tutto. Al dolce, che cominciò anche ad essere venduto agli abitanti del luogo, in cambio di qualche moneta, venne dato il nome di Santarosa e .

Questa leccornia, in realtà, arrivò a Napoli dopo ben 200 anni, nei primi dell’800 (precisamente nel 1818), grazie al famosissimo pasticcere Pasquale Pintauro che, al tempo, non era che un semplice oste, proprietario di una taverna a via Toledo.

Non si sa come Pintauro abbia avuto la formula originale ma, dopo esserne entrato in possesso, trasformò la sua taverna in un laboratorio e decise di dedicarsi all’arte pasticcera, rivisitando anche la ricetta delle monache del convento di Santa Rosa: eliminò la crema e le amarene e assottigliò la sfoglia, eliminando la forma a cappuccio di monaco e donandole quella sagoma a conchiglia che l’ha resa famosa in tutto il mondo.

Oggi, la sfogliatella è disponibile in due varianti, frolla e riccia, ma qualche gustosa Santarosa può essere ancora assaggiata nella patria d’origine, in costiera.

Le sfogliatelle più buone della città

Proprio la Pintauro, in via Toledo, è una delle pasticcerie migliori dove poter gustare una fragrante sfogliatella, insieme a tante altre pasticcerie molto famose in città.

Sicuramente da provare sono anche quella della famosissima pasticceria Mary, unica sede storica nella Galleria Umberto, e quella di Carraturo a Porta Capuana, altra pietra miliare della tradizione dolciaria napoletana.

Famosissime sono anche le sfogliatelle di Sfogliatelab, sito in Piazza Garibaldi, che propone anche la deliziosa sfogliacampanella, un incrocio tra sfogliatella e babà.

Per finire, da menzionare sono sicuramente quelle dell’Antico Forno delle Sfogliatelle Calde dei Fratelli Attanasio, nei pressi della Stazione Centrale, della pasticceria Bellavia, che ha vari punti vendita in tutta la città, e di Scaturchio, storica pasticceria del centro storico, frequentata in passato da personalità del calibro di Totò ed Eduardo de Filippo, con unica sede a Piazza San Domenico Maggiore.

Non resta che scegliere!

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